La celebrazione eucaristica è luogo di riconciliazione in cui la pace di Cristo abbatte ogni barriera. Da lì possono nascere coraggiose indicazioni operative per non restare schiavi di scelte puramente ideologiche ed impegnare la vita sui sentieri della non-violenza e della verità.
L’Eucaristia è la proclamazione di Dio che fa pace con l’uomo e gli offre di condividere addirittura il Corpo e il Sangue del suo Figlio. Per questo l’Eucaristia può essere definita un «evento di pace»: pace tra Dio e gli uomini perchè lui stesso ha abbattuto quel muro che aveva interrotto il dialogo e l’alleanza, lui stesso è venuto incontro all’umanità mettendosi al suo passo, condividendo fino in fondo gioie e tragedie, attese e speranze.
Ma anche pace tra gli uomini. Mangiare insieme la Cena del Signore è affermare una voglia radicale di comunione e di alleanza. Gli invitati non possono essere divisi, ne va dell’autenticità stessa della festa e del pasto condiviso.
L’unico Pane e l’unico Calice creano e sostengono la realtà della concordia e della pace. Dice bene San Paolo: «Poichè mangiamo un solo pane noi siamo un corpo solo» (1Cor 10,17).
Una comunità in pace… è sicuramente il grande segno di una Chiesa che celebra in spirito e verità Eucaristia, che sa raccogliere la sfida che la celebrazione offre di volta in volta perchè si sappia andare al di là di ogni divisione, perchè si sappia accettare l’accordo, la ricomposizione di interessi, di vedute e di posizioni diverse.
Le ragioni più grandi
Celebrare un’Eucaristia di pace e crescere come comunità di pace vuol dire saper dire forte che le ragioni dell’unità sono più grandi, infinitamente più grandi delle ragioni della divisione; vuol dire avere il coraggio di accettare di costruire insieme, di progettare insieme anche là dove l’egoismo e la pretesa possono aver interrotto la comunione
Ma vorrei invitare ad andare oltre e cogliere le conseguenze di una Eucaristia di pace celebrata da una comunità che vuole compierla in pienezza. C’è anche uno schierarci dalla parte della pace. Cristo che nell’Eucaristia contrappone alla forza dei grandi e dei potenti il dono di sè, Cristo che si offre per tutti, Cristo che si fa servo anche dell’uomo peccatore, è un annuncio molto chiaro e coraggioso di quale sia la posizione di Dio e il suo schieramento nella lotta per la pace e la giustizia: è la scelta della non-violenza come speranza dei poveri e politica degli operatori di pace.
Nell’Eucaristia si annuncia la possibilità di rompere il cerchio della violenza e della vendetta. Alle logiche dei grandi e dei potenti che vogliono metterlo a morte, Cristo offre la logica di colui che si fa carico del male degli altri: dalla croce egli ha salvato l’uomo e la storia, affermando, nel contempo, l’ideale più alto: la rinuncia alla violenza.
Gesù Cristo ha preparato questa scelta con una vita orientata alla pace e alla non-violenza. Le sue prese di posizione sono chiare e coraggiose ma senza mai la proposta di qualche cosa che miri a togliere di mezzo l’altro, suggerendo invece l’amore del nemico ed atteggiamenti che ne favoriscono la conversione e la novità. Da qui l’invito costante a mettersi d’accordo con il proprio avversario, l’uso – fino all’impossibile – delle logiche della comprensione e del perdono, l’invito a contrapporsi al male con il bene, a non intraprendere con il malvagio una lotta ponendosi sullo stesso piano.
Una speranza che la politica non conosce
Che chiesa può nascere da proposte come queste che l’Eucaristia suggerisce?
Innanzitutto una comunità schierata per la pace, decisamente e con tutte le forze. Una comunità che si impegna nel compito arduo e doloroso di costruire e difendere la pace. E non per una scelta ideologica, ma perché la comunità cristiana sa che la storia nuova, la Gerusalemme nuova non si può riconoscere in nessuna istituzione sociale e politica; perchè va al di là proponendo la logica del servo, dell’umiltà e del sacrificio, del senso della croce e di quella speranza che nessuna istituzione politica conosce!
Una comunità cristiana che celebra e vive in verità l’Eucaristia sa che l’unica risposta possibile di fronte al potente è percorrere fino in fondo la via del Regno così come il Cristo ci ha indicato, la via del dono, del pagare di persona, del divenire capace – anche quando ti costringono a dare la vita – di offrirla da protagonista.
E’ a causa del Regno che nessun ordine sociale potrà essere veramente giusto, è a causa del Regno che la pace non potrà essere solo assenza di guerra, che la giustizia non potrà ridursi all’osservanza delle leggi e che la salvezza non potrà essere solo salvezza economica.
Una comunità che coglie tutto questo, sceglie la non-violenza avvertendola come una vera e propria professione di fede nel Cristo morto e risorto. Non si tratta di una tecnica o di una ideologia ma di un mezzo efficace per mettere in discussione i poteri di questo mondo, gli armamenti micidiali, le guerre, certi metodi di sicurezza dello stato.
Ma una comunità che vuole la pace, deve avanzare ancora in uno sforzo continuo per costruire la pace, giorno per giorno, nelle scelte piccole e grandi che la vita offre.
Sì, certamente, una pace in famiglia, nei rapporti di vicinato e parentela, nei rapporti dentro il mondo del lavoro e della professione… Ma possiamo spingerci più in là: diventare coscienza critica di ogni forma di violenza e di ogni attività che tende a rendere «potente» l’uomo.
Una coscienza critica
Alcune indicazioni.
Il coraggio della verità. E’ una conoscenza corretta di ciò che avviene, di ciò che capita, di ciò che l’uomo rende possibile. Conoscere le vicende della storia, di tutta la storia, dei regimi, neri o rossi che siano e delle loro opere, delle repressioni di popoli interi in nome di ideologie perverse.
Un cammino di verità che aiuti a far conoscere i particolari raccapriccianti di popoli ricchi che sostengono la guerra dei popoli poveri fornendo loro armi e strumenti di guerra.
Di una fiorente industria di armi anche nella nostra piccola Italia, un’industria che non conosce momenti di crisi o di cassa integrazione, con un fatturato in continuo aumento e per il quale non si pagano tasse o IVA perchè il prodotto è di «prima necessità».
La verità di un fiume di denaro raccolto in pochi giorni per sostenere una guerra e mai trovati in tanti anni di campagne per salvare il mondo dalla fame, dalla lebbra, dalla sete, per sostenere progetti di scolarizzazione e di sviluppo.
Altre scelte coraggiose. Per i giovani l’obiezione di coscienza e il servizio civile per dare un anno della propria vita a disposizione del volontariato e della pace.
Il riferimento a banche che cooperino per la solidarietà tra i popoli e non maturino interessi investendoli nel mercato diabolico degli armamenti. Per diffondere una cultura di pace, ci vuole coraggio e una profonda e corretta informazione: solo così si riuscirà a non barattare la propria identità cristiana con meschini interessi e con posizioni di tornaconto e di comodo, senza accettare silenzi troppo facili e compromessi.
L’Eucaristia che come comunità celebriamo ci spinge a divenire uomini e donne che, nonostante tutto, credono alla pace, la costruiscono e la diffondono.
Una patria abitata da pellegrini
I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per il territorio, né per la lingua, né per le consuetudini di vita.
Abitano una loro rispettiva patria, ma vi sono come pellegrini; prendono parte a tutti gli obblighi come cittadini, ma tutto sopportano come stranieri; ogni terra straniera è patria per loro, ogni patria è terra straniera. Obbediscono alle leggi costituite, ma con la loro vita superano le leggi. Portano amore a tutti e da tutti sono perseguitati.
Sono disprezzati e dal disprezzo traggono gloria; vengono calunniati e riconosciuti innocenti. Insultati, benedicono; oltraggiati, rispondono con riverenza. Per dirla in poche parole, ciò che è l’anima per il corpo, questi sono i cristiani per il mondo.