Il primo stupore che prende stando davanti all’Eucaristia è la semplicità del segno: un po’ di pane. Stupisce che la potenza, la grandezza di Dio, si rendano presenti in un segno così povero. Stupisce che Dio, il Grande, non abbia scelto l’oro, ciò che è prezioso, per volere restare in mezzo a noi.
Stupisce… e, quasi quasi, direi che ci lascia sconcertati, tanto che abbiamo subito cercato di circondarlo d’oro, di metterlo in vasi preziosi, in tabernacoli di valore… Sì, perché l’oro è «degno» di Dio, ma anche perché non riusciamo ad accettare che Dio sia così semplice.
Eppure è questa la logica di Dio.
Lui è il Grande, l’Impenetrabile, colui che è capace dell’impossibile… eppure ha voluto essere in mezzo ai suoi in una tenda, ha scelto uomini comuni, volti qualsiasi per dire di lui, e li ha abilitati ad essere sua presenza.
In Gesù di Nazaret questa logica è stata chiarissima: basta ripercorrere la sua storia, la nascita, i suoi amici, il suo parlare, i gesti significativi e decisivi della sua «ora»: la lavanda dei piedi, l’atteggiamento di fronte al tribunale religioso o politico, il suo morire e anche il suo risorgere. Niente, in tutto questo che sapesse di ricerca del primo posto, niente per strappare applausi. E quando qualcuno è stato tentato di fargliene, lui lo ha subito messo in guardia: «Sì… però sta attento… c’è la croce!».
Ecco, anche il segno del pane, scelto come segno per stare in mezzo agli uomini, si pone come vertice di questa logica: un segno semplice, povero; e anche nella ricerca di questo segno c’è un’unica grande preoccupazione: che l’uomo possa capire, che sia subito chiaro. Un segno molto rispettoso dell’uomo che a volte è incapace di grandi ragionamenti, bisognoso del semplice e dell’immediato.
La grandezza e la ricchezza non sta nel pane, sta in ciò che esso annuncia, in ciò di cui esso è segno e in ciò che tutti possono capire.
Esso dice di un Amore grande. Annuncia continuamente l’amore senza confini di un Dio che ha fatto storia con l’uomo.
Ricorda Gesù Cristo, la sua cena, la sua morte, la sua risurrezione e tutto ciò che l’ha condotto lì.
Fa memoria sempre che Dio non è stanco dell’uomo se continua ancora a rimanere in mezzo alla nostra vicenda e a condividere il dramma e la gioia di vivere come aveva fatto nei tempi antichi e in Gesù.
Ma, oltre questo, il pane dice anche di quella fame che l’uomo si porta dentro, fame a tutti i livelli, e per tutte quelle necessità che vive: fame di senso, di pace, di giustizia, di amore, di dignità, di speranza e fiducia. Dice anche di quel pane concreto di cui mancano tanti fratelli nel mondo.
E al tempo stesso annuncia continuamente «Dio-Pane»: Dio possibilità di sfamare e saziare tutti questi grandi bisogni che l’uomo avverte.
C’è un pane per i tuoi desideri, per i tuoi sogni, per le tue attese. C’è qualcosa che ti sostiene in questo tuo muoverti nella vita e nella storia, nella ricerca di maturare grandi cose e di far lievitare la storia verso la novità.
E’ grande la ricchezza che il semplice pane annunzia e offre a ciascuno.
Nella ricerca di costruire una spiritualità eucaristica, vorrei sottolineare un orientamento e una provocazione che il segno del pane ci offre: uno stimolo a riempire d’amore i piccoli gesti quotidiani.
Sì, l’amore di Dio che si fa pane, spinge ognuno di noi a cercare non il gesto eclatante, il gesto rumoroso, il gesto che strappa applausi e che fa trovare gli altri tutti d’accordo con noi, – forse non ci sarà mai nella vita possibilità ed occasione per fare gesti di questo tipo – ma a cercare di riempire d’amore i gesti quotidiani, quelli che ogni giorno la vita ci chiama a porre.
Ci dice che tutti, proprio tutti, possono diventare importanti, basta che siano riempiti d’amore.
Ci dice che sono grandi, perché rispondono in pieno alla logica di Dio, tutti quei segni, quei modi di fare e di essere che esercitiamo nell’amore e per amore.
Sono partecipazione all’Eucaristia e a Dio-Amore.
Così è grande il gesto di un uomo e di una donna che, nell’amore, danno vita ad una creatura, la sostengono, la fanno crescere. Sono grandi tutte quelle manifestazioni di amore che una madre è capace di esprimere nel suo servire la famiglia, nel prendersi cura del marito, dei figli e della casa.
E’ grande anche il lavoro del padre, a volte faticoso e duro, compiuto per dire il suo desiderio di donarsi a chi è legato a lui da vincoli di amore e di vita.
E’ grande tutto ciò che riusciamo a porre per dire la nostra preoccupazione per gli altri e il nostro sentirci partecipi e solidali: una parola di amicizia e di solidarietà, una gentilezza ed un favore, una riconciliazione proposta o accettata, un servizio a chi ha bisogno perché è ammalato o è solo e tanti, tanti altri segni e gesti che ogni giorno possiamo porre e che hanno il potere di farci diventare grandi davanti a Dio, perché capaci di sentire che davvero l’Eucaristia riempie la nostra vita fino a farla diventare essa stessa Eucaristia.
Capiamo allora che non ci sono barriere, che nulla può fermare questa chiamata all’amore, che nulla ci è impedito: nell’amore possiamo accettare di dedicare giorni e giorni a curare, ad assistere e a dare fiducia a persone che stanno male, che la malattia ha già condannato e per le quali non ci sono speranze ma che possiamo confortare con una presenza premurosa, spesso anche sofferta, sicuri che lì stiamo celebrando Eucaristia perché realizziamo quel diventare noi stessi pane per il fratello o la sorella ammalati.
Nell’amore possiamo accettare di prenderci cura degli anziani e dei vecchi, anche se monotoni, noiosi, anche se disturbano i nostri progetti e ci limitano in certe libertà che vorremmo. E’ l’amore che diventa gratitudine in questo epilogo della loro vita, già di per sé amaro e nel quale hanno bisogno di essere sostenuti e confortati. Solo l’amore ci può concedere di fare ciò e di farlo con il cuore, oltre il dovere.
Nell’amore possiamo prenderci compiti e responsabilità all’interno della nostra comunità cristiana, servizi che non rendono, che forse nessuno vede, non importanti e urgenti: la disponibilità per le attività, la cura degli ambienti, l’animazione dei più piccoli, la presenza alle esperienze comunitarie di celebrazione, di cate-chesi, di gioia.
Tutto può diventare Eucaristia, se accettiamo di trasfondere nella vita lo stesso amore che ha condotto Gesù all’Eucaristia.
Tutto diventa luogo della mia celebrazione, del mio diventare «sacerdote» se, anche nelle piccole occasioni e nei piccoli gesti, accetto di offrire me stesso e di espormi al servizio e al dono della mia vita.
Tutto diventa ricchezza, se compiuto nell’amore, anche se è un «povero gesto».